mercoledì 9 giugno 2010

Fuori c'e' la crisi....

Prendi un islandese qualsiasi. Parla con lui del più e del meno per qualche minuto. Fagli capire che hai interesse per l'argomento Islanda e cronometra dopo quanti secondi usciranno le due parole più inflazionate dell'intera isola: BANK COLLAPSE. E' comprensibile: tutte le statistiche dicono che il bank collapse ha cambiato radicalmente faccia al paese. Quell'invitante 0,3 di disoccupati che c'era quando Janis ha preso il primo volo per Reykjavik è aumentato di oltre il 2000%. Nel 2009 il saldo fra immigrati in ingresso ed immigrati in uscita è in passivo. Ergo, tanta gente, soprattuto polacchi, stanno tornando a casa. La corona si è leggermente ripresa, ma più per demerito dell'euro che altro. Ed è comunque ancora svalutata del 30% rispetto al giorno prima del famigerato bank collpase. Eppure ieri ero a Reykjavik e tutto questo, almeno per le vie del centro non lo respiri. In tutta laugavegur (l'equivalente dei portici broletto di Mantova, per intenderci) ho visto solo tre negozi vuoti, con l'insegna affittasi o vendesi. Il nostro baretto preferito ha chiuso, ma il suo posto è già stato preso a tempo di record da un anonimo negozio di abbigliamento firmato norvegese, probabilmente parecchio costoso. Sembra che tutti resistano: dal costoso ristorante italiano al venditore di bigiotteria, dalla galleria d'arte al negozio di cd. Anche al Kringla (l'Ipercoop di Reykjavik) negozi vuoti non ce ne sono. Eppure fuori c'e' la crisi...La prima considerazione che viene è che forse è solo l'ennesima dimostrazione che nei paesi abituati a un alto tenore di vita la crisi economica ha sempre un impatto a lungo termine. L'alto risparmio accumulato negli anni permette di vivere ancora da leone per un po' e di scambiare per povertà il solo fatto di dover qualche volta contare il denaro prima di spenderlo. E poi mi sono chiesto: ma se ci fosse stata ancora la lira in Italia e ci fosse capitato a noi il bank collapse, chi sarebbe stato colpito? Probabilmente le persone "normali" che tengono i soldi in banca, o nei titoli di stato e comunque sul mercato italiano. Non certo chi non dorme la notte pensando se aderire o no allo scudo di fiscale del simpatico Tremonti. Anzi, quelli con un bello scudo fiscale potevano fare soldi a palate sull'oscillazione del cambio. Ora, se gli italiani appena possono portano i soldi in Svizzera, Lussemburgo, Liechtenstein, Isole Vergini, Cayman, etc, etc...non è che lo stesso facevano gli islandesi? Non è che qualcuno ha perso soldi e lavoro e qualcun'altro si è leccato i baffi? Quando un giorno parlerò decentemente islandese e troverò qualcuno di fidato, proverò a porre con i dovuti modi questa domanda....

1 commento:

  1. Lo stesso sospetto viene anche a me: se pensiamo a quanti islandesi (o almeno così ho letto su quotidiani on line) negli ultimi anni studiavano business administration e/o andavano a lavorare nella City londinese, qualcosa avrano pure imparato su come accrescere i propri risparmi...

    Simona

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